Altro che locomotiva, gli USA vanno a razzo...
La Fed, nel lasciare invariati tassi (all'1%) e orientamento (espansivo), ha continuato ad enfatizzare il rischio di una discesa dell'inflazione piuttosto che le potenzialità della crescita. Eppure non è da credere che non avesse elementi per anticipare l'abnorme dinamica registrata dal PIL nel III trimestre, +7,2% annualizzato, ben al di sopra delle pur alte aspettative (+6%), maggior risultato dal I trimestre 1984.
E' evidente che la Fed vuole segnalare al mercato l'esistenza di seri dubbi sulla sostenibilità della crescita, a cominciare dal fatto che l'accelerazione dei consumi (+6,6% di crescita reale, +9% di crescita nominale, con un sorprendente +26,9% nei consumi di beni durevoli) deriva in larga misura dagli stimoli fiscali. Inoltre, secondo la Fed, il mercato del lavoro fornisce per ora segnali di "apparenza di stabilizzazione", rendendosi necessarie ulteriori conferme (il 7 novembre prossimo si avranno le statistiche di ottobre).
Tralascio gli altri dati provenienti dagli USA (nelle statistiche di contabilità nazionale, migliori delle più rosee aspettative anche gli investimenti in macchinari e software, +15,4%, e gli investimenti in edilizia residenziale, +20,4%; fra i dati congiunturali, da ricordare il +0,8% degli ordini di beni durevoli in settembre, +1,2% al netto dei trasporti), per fare qualche considerazione sull'Europa. Il balzo dell'indice IFO, da 91,9 a 94,2 in ottobre (con crescita di tutti i sub-indici) fa ritenere che la ripresa sia ormai alle porte, ma allora, se così è, desta un po’ di preoccupazione il fatto che la Commissione UE abbia deciso di dimezzare le attese di crescita per il 2003 (da +1,0% a +0,4%) e di ridurle per il 2004 (da +2,3% a +1,8%).
Secondo le dichiarazioni ufficiali, la ripresa dell'economia europea sarà sostenuta dalla domanda interna, trainata dagli investimenti aziendali e dai consumi delle famiglie. Il rischio, invece, è che proprio questi ultimi siano l'anello debole della catena, in quanto non supportati da un'adeguata crescita del reddito disponibile (in specie, delle retribuzioni reali), in un contesto occupazionale ancora critico.
Recupero dell'equity sulla scia dei dati congiunturali
Nell'ultima settimana l'attenzione degli operatori era puntata sul FOMC della Fed e sui dati preliminari di contabilità nazionale USA. In realtà, né l'uno né l'altro degli appuntamenti ha comunque determinato forti reazioni direzionali sui mercati finanziari internazionali.
A ben vedere, infatti, sono stati riconfermati i trend attesi per il medio periodo, sia nei mercati obbligazionari (tendenza al progressivo ribasso dei corsi sulla scia delle notizie economiche positive), sia nelle Borse (recuperano terreno, confermando un sentiment generalmente positivo, con l'emersione, però, di qualche timore legato a possibili futuri interventi sui tassi ufficiali).
La sorpresa positiva dei dati sul PIL USA ha ridato un po’ di fiato al dollaro che si è riportato fin sotto 1,17 contro euro e si è stabilizzato intorno a 108 yen. Ha inoltre sorpreso il mercato il fatto che il Segretario del Tesoro USA John Snow sia apparso meno rigido in tema di fluttuazione dello yuan cinese e di interventi sui mercati valutari. La contestazione da parte dei senatori della commissione bancaria dimostra che, malgrado queste inaspettate esternazioni di Snow, gli USA intendono ancora esercitare pressioni verso i Paesi asiatici contro la "manipolazione" delle proprie divise.
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